Sei tornata, più cattiva che mai. Sei tornata diversa, a tratti irriconoscibile. Piccola ‘Bu che succede? Cosa vuoi dirmi? Per il mondo è difficile comprendere come io sia arrivata a parlarti, come sia riuscita a farti diventare a volte attenta custode di verità a cui la scienza fatica a dare un nome. Qualcosa mi sfugge, io lo sento demtro, sento e so con assoluta certezza che qualcosa turba, scuote e stravolge il nostro essere ormai l’una parte dell’altra da anni. Il tuo manifestarti è cambiato. A volte arrivo a chiedermi se sei davvero tu. Non sono più le mie labbra ad avvertirmi del tuo arrivo. Ti sento dentro. Ti sento schiacciare contro il palato, sento la lingua perdere la sua sensibilità. La voce cambia tono, il naso si chiude. E solo dopo il labbro si gonfia, l’occhio lo segue a ruota e tutto diventa troppo. Spingi sul mio zigomo, sulle gengive, il mio respiro cambia. L’aria diventa pesante. Dovrei aver paura di te, dovrei temerti, invece mi accorgo di aver imparato a tenerti testa e in un periodo come questo arrivo a immaginarti esattamente seduta di fronte a me. Giochiamo a carte scoperte, per una volta aiutami a capire. Fa che questa sia la volta buona per mettere ordine. Io sono qui. Resto. Non mi alzerò. Non chiedermi di abbassare la guardia, non sei un avversario con il quale potersi distrarre. Non sono disposta a lasciarti il piatto, ma questa volta sento che non sei tu l’avversario di cui aver paura, non credo sia tu a volermi portare via ciò che è mio di diritto. La scienza mi ha offerto un tentativo, qualcosa che noi due conosciamo bene, qualcosa che io conosco. Un inferno che ho già attraversato. L’ho firmato. C’è il mio nome su quei fogli, c’è da anni. Ci sono io. E ci sei tu. Ci sono mille unità alla volta. C’è un portacath che dovrò bucare e un gripper da tener tra pollice e indice. Ci sono due fiale piene di incognite, compromessi e possibilità. Ci sono lacrime e sorrisi testardi. C’è tutto quello che non riesco più a dire e tutto quello che grido. Ci saremo io e te. È un tentativo, l’unico che conosciamo per farti tornare ad essere meno cattiva, meno imprevedibile, meno pericolosa. Ma tu non sembri voler demordere, mi tieni stretta a te, non smetti di far capolino nè di togliermi respiri. Non voglio credere che sia arrivato il giorno in cui dovermi accorgere che non ho più una mano vincente su di te. Non posso darmi questo permesso. Non voglio credere di essere ad un passo dal cadere in quel burrone che ci obbligherà a trovare un’alternativa. Non è tempo di alternative, non è ancora tempo per privarmi dell’unica certezza che mi ha permesso di guadagnare tregue e nuovi respiri. La ragione mi grida di stare attenta, il cuore di affidarmi, di continuare a crederci. Ma Elly, lei cosa dice? Elly dice basta, Elly vuole tempo, Elly sa che è tempo di rimettersi in gioco e chiedere una volta e per tutte quella risposta che attende da anni. Elly oggi ha la forza di lottare non solo per la sua vita ma anche per quella risposta che la scienza le deve. C’è il suo nome su quei fogli ma dietro quel nome ci sono tutti i rischi che si è assunta. C’è la paura che è diventata coraggio e ostinazione. C’è una vita che ha perso troppo. C’è un viso violato, un’identità che ogni volta vacilla. C’è una deformità di cui il mondo ha paura o peggio si prende gioco. C’è tutta la cattiveria di una malattia rara, rara tra le rare. C’è il limite della scienza. Dietro quella firma c’è una fiamma che continua a bruciare e non intende spegnersi. Non importerà se quell’inchiostro macchierà il foglio con una sbavatura, quella E si staglierà sempre con orgoglio tra quei Sì, tra tutti gli acconsento, tra ogni Salvatemi ad ogni costo! Elly vuole, Elly può, Elly Deve.
48 ore, solo 48 ore. Ma questa è un’altra storia.