Il mondo ci obbliga a prestare attenzione ai particolari, sembra imporci la perfezione. Un sistema sempre pronto a giudicarci, impossibilitato ad accettare ciò che è diverso. Gli eventi, il peso di chiacchiere che avrei fatto a meno di ascoltare e sguardi pieni di una dubbia superiorità mi hanno portata a pormi un’unica domanda: chi giudica chi giudica? Si è sempre pronti a puntare il dito, troppe volte si commette l’errore di far passare un dire come fosse una semplice costatazione per il solo fatto di non avere il coraggio di ammettere che invece quelle parole altro non sono che un giudizio, a volte misero, inopportuno, non richiesto, cattivo. E come se non bastasse si finisce con il trincerarsi dietro giustificazioni puerili. “Non intendevo offenderti.”, “Non hai compreso il senso delle mie parole, mi hai frainteso.”. O peggio, “Che ne sai tu di quello che sto passando, che ne sai della vita?.”,”Tu non puoi capire, non conosci il dolore.”
Frasi, a difesa di una superiorità ostentata, che vuole imporsi, che umilia e mortifica. Parole, atteggiamenti che sempre più spesso catalogo come il di più, l’inutile, il non necessario. Ed ecco che mi ritrovo a compiere un passo indietro. Un indietreggiare il mio a cui spesso segue il silenzio. Non so nulla io. Non conosco il dolore, non posso capire. Dico davvero, che no so della sofferenza, dell’esser obbligati ad una rinuncia? Non conosco il peso dei giudizi, non ho mai sperimentato l’umiliazione che segue ad occhi che ti scrutano, che ti osservano come fossi un animale da circo. Non conosco il brutto, nè la fine. Io non ho mai perso. Io che non sono madre, non sono moglie. Io che non lavoro, cosa ne so della vita io? Io che ho un passato che pesa più del presente ed un presente che chiede un futuro che sembra negato, io che cazzo ne so di cosa significa vivere? Nulla!
Se dovessi avvalorare quel Nulla credo che uno sguardo distratto sulla mia vita potrebbe davvero bastare. Basterebbe per chi ci tiene a puntare il dito, per chi crede di saper tutto di me, per chi sceglie di giudicarmi, per chi si arroga il diritto di sentirsi superiore. E se invece non bastasse? Cosa accadrebbe se io decidessi di non accettare più in silenzio, di non fare più un passo indietro ma di alzare la testa una volta per tutte e dire io quel Basta?! La verità è che io non considero più i giudizi, le frasi sommarie, i comportamenti falsi e meschini come realtà capaci di toccarmi, di mutare il mio umore, di causarmi dolore. Non è la parola di troppo nè il giudizio a rappresentare un di più. Un di più, non necessario, diventa chi mi riserva quella parola, quel giudizio. Le mie parole potrebbero suonare cattive, potrei sembrare io stessa cattiva, ed ancora potrei io stessa apparire come qualcuno che si vuole arrogare il diritto di sentirsi superiore. Ebbene, lascio il diritto di pensarlo e mi prendo il diritto di dire. Non credo di essermi mai concessa una simile libertà, ma penso sia arrivato il momento di dire, una volta e per tutte, ciò che è giusto. Mi do il permesso di gridarlo quel Basta. Sono una donna libera. Libera e che si ama. E sono fiera di me, sono orgogliosa di ogni passo che instancabilmente compio, giorno dopo giorno. E non dirò che è sempre stato così, non dirò che sono migliore, che ogni mia certezza di oggi mi è stata servita su un piatto d’argento. No! Le mie certezze le ho raccolte da terra, dopo che il dolore mi aveva sbeffeggiata e fatta cadere. Il mio sguardo l’ho acceso di vita dopo che ho conosciuto la fine, dopo che ho sentito la morte tanto, troppo vicina. Ho imparato ad amarmi dopo aver conosciuto il lato cattivo dell’amore, quello che ti giudica, ti umilia, ti usa violenza e si dimentica di te, abbandonandoti come fossi un giocattolo rotto. Sono forte perchè non ho avuto altra scelta e sono fiera del mio esser testarda e poco incline al pressapochismo. Il mio esser testarda mi ha permesso di trovare una via d’uscita ai muri posti sul mio cammino. Il mio non accettare nulla che sia affidato al caso di proteggermi e mettermi al riparo. Ho smesso di credere alla felicità assoluta. Credo alla felicità che mi prendo, che costruisco, che tengo stretta e che si lega a doppio filo alle piccole cose, agli attimi che ritaglio tra tutti i no e che il bene rende perfetti. Sì, quegli attimi possono davvero esser perfetti. Riempio il mio bicchiere a piccole gocce, e goccia dopo goccia trovo sorprese, meraviglie, presenze. Presenze piene di affetto, di piccole nuove certezze, di chi ha scelto di esserci davvero per me. Ho aperto la porta al mondo, chiunque è libero di entrare, di chiedere, di avvicinarsi a me ma nessuno avrà mai il diritto di restare per ferirmi, per tradirmi, per giudicarmi. Non ho bisogno di far leva sui miei dolori, io non sono il mio dolore. Non mi serve una giustificazione per il mio esser a volte dura, o per quella mia voglia a volte di fare silenzio. Il giudizio altrui è quel peso non necessario che scelgo di ignorare e a cui oggi rispondo fiera con un sonoro CIAO! Non abbasso più lo sguardo, non volto più le spalle a nessuno, io resto. Resto perchè esisto.
Ciao. Io resto!
