Un bacio sulla testa, una mano poggiata con dolcezza sulla spalla, un sorriso gentile e occhi pronti a sorriderti. Piccoli gesti, che di piccolo però non hanno nulla. Piccoli gesti per nulla scontati, mai dovuti. Un fare offerto, che amana empatia, calore, affetto sincero. Devo molto, molto di più di quanto le sole parole potranno mai esprimere, a chi nel mio cammino di cura siede al di là della scrivania. Non riesco a definirli solo i miei medici, non riesco a definirli solo i miei infermieri. Loro sono i miei alleati, sono la Cura, l’ascolto, la perseveranza, il coraggio, la forza, la fiducia. Sono presenze che mi hanno dato la certezza di trovare una via d’uscita al dolore. Nonostante le difficoltà, gli autentici colpi bassi che le mie patologie non mancano mai di sferzare, nonostante gli imprevisti, gli ostacoli che il mio stesso corpo pone loro davanti non mi hanno mai abbandonata. Con pazienza, comprensione, a volte con quella durezza di chi vuole solo il tuo bene e sempre nel più profondo rispetto dei miei sentimenti mi hanno sostenuto e mi sostengono ogni giorno in una realtà difficile e dura. In passato ho pagato il prezzo di una cura che non ascolta, che impone, che nega, che umilia. Ho subito perizie psichiatriche, sono stata schiacciata dall’egoismo di posizioni altisonanti, ho visto respinte le mie cartelle cliniche, ho visto negato il mio diritto ad esser assistita, ho respirato tutto il peggio che la medicina a volte, ancora troppe volte, può arrivare a riservarti. Se guardo indietro e mi fermo a ricordare ogni avvenimento il dolore è ancora molto forte. È il dolore di un anima che però non si è lasciata distruggere. Non ho mai permesso che il lato cattivo della mia storia di malata rara rappresentasse il tutto. Lotto ogni giorno affinchè resti passato. Vorrei poter dire che appartiene al niente, vorrei che molto di ciò che è stato non fosse mai accaduto ma il passato insegna, è complice della memoria del nostro presente e può divenire monito del nostro futuro se solo noi siamo disposti a concederci la possibilità di credere che un futuro più giusto, più onesto può esistere anche per noi. Oggi quando mi capita di scontrarmi con il lato cattivo della medicina riesco a distaccarmi dal tutto quel tanto che basta per trasformare l’ennesimo rifiuto della mia cartella clinica in una spinta in più nel cercare nuove risposte. Non ho mai smesso di credere nella scienza, nè in quel camice, da chiunque sia indossato. Non nego di dover nascondere un pizzico di diffidenza quando incontro nuove figure approcciarsi al mio caso ma oggi non abbasso più lo sguardo, oggi non permetto più che il mio dolore venga sminuito. Sono trascorsi molti anni da quando la vita ha deciso di dividere il mio esistere in un prima e un dopo. Oggi posso dire di guardare a quel prima con rispetto, con riconoscenza, con amore e altrettanto riesco a guardare al dopo, al mio oggi, con orgoglio. Ho l’enorme privilegio di aver accanto a me preziosi sorgenti di amore e affetto. Ho la fortuna di veder garantita quella cura che prima che al corpo si deve all’animo. Non temo le incognite del futuro, non temo l’assenza dello Stato, nè l’inadeguadetezza di cui è vittima molto spesso il Sistema. Ciò che temo davvero è l’estinzione di quel sentimento di umanità che oggi so essere la mia prima fonte di cura e a cui devo e dovrò sempre la mia vita.