La volontà si presta a diventare una grande alleata, ancor più se sostenuta dal desiderio di stravolgere ognuna di quelle realtà che ci portano a sentirci in trappola. Complici gli eventi, il peso dei giorni in cui ero letteralmente prigioniera della malattia avevo perso di vista il bisogno di nuovi respiri. Presa a combattere, a contrastare il dolore, non mi ero accorta di quanto ogni mio respiro si era fatto corto. Soffocavo sensazioni e sentimenti, li ricacciavo giù a forza ogni qualvolta tentavano di venire a galla. Ignoravo quella stretta alla gola, ignoravo le lacrime che iniziavano a pungermi gli occhi, ignoravo quel di più che tra dolori, nuove verità e l’impossibilità di fermare la malattia fingevo esser il niente. E dal niente, in quello che doveva essere un attimo di gioia assoluta, di trionfo, di libertà assoluta, di conquista, calde lacrime hanno iniziato a bagnare il mio viso. E nell’esatto momento in cui ho tentato di fermarle ho capito che dovevo lasciarle scendere. Dovevo smettere di imprigionare quel respiro soffocato dentro di me. Il mare di fronte a me, i miei piedi nudi su una scogliera, e due braccia forti a sostenermi, accompagnarmi, stringermi. E tra quelle braccia mi sono sentita protetta, al sicuro, ho sentito di poter lasciare a me stessa il diritto di sentirmi fragile, di sussurrare a denti stretti un dire che poche volte mi concedo. “Non è giusto”. Ho lasciato andare la rabbia, il dolore, ho perdonato me stessa per la mia fragilità, per la mia troppa severità. Quell’istante non sarà mai solo un ricordo. Quell’istante diverrà memoria per me. Traccia indelebile dell’inizio di un tempo nuovo. Di quell’occasione che da troppo nego a me stessa. Tra quelle braccia ho permesso a me stessa di sentirmi al sicuro nel dare in pasto al dolore tutta la mia anima, l’ho vista disintegrarsi in mille piccoli pezzi. E mani contro mani, grazie a quella stretta sincera, forte e protettiva, l’ho vista ricomporsi e gridarmi: “Vivi”. In quell’attimo ho capito come fosse una rivelazione che aspettavo segretamente da tempo che quell’occasione che devo a me stessa si chiama Vita. Una vita diversa, cucita sulla mia stessa diversità. Una vita diversa, con una nuova libertà, con idee più sfacciate, con respiri corti solo se fatti di stupore e meraviglia. Una vita diversa senza veli, mezze misure, senza rimpianti, dimentica dei giudizi e delle etichette. Da troppo tempo non mi concedevo di ridere forte, da troppo tempo non lasciavo a me stessa il diritto di piangere davvero, di emozionarmi, stupirmi. Da troppo tempo non sentivo quella sensazione di assoluta libertà, priva del bisogno di doversi giustificarsi, di dover spiegare, dimenticata di aspettative. Ho concesso alla mia giostra di invertire la rotta per qualche giorno, infrangendo le regole, ignorando i pericoli, il dolore. Terrò stretto a me per sempre il senso di questo viaggio, lo proteggerò e lascierò che sia la Vita a decidere i colori con i quali sceglierà di tingere i miei passi in futuro. Non temo più il dolore, lui siede alla mia destra da molto tempo ormai. Parla alla mia mente, deride la ragione. Alla mia sinistra però siede la gioia. Lei parla al mio cuore, confabula con la mia anima, stringe accordi segreti traboccanti di istanti di felicità. E in quell’istante, per un attimo, e solo per quell’attimo, puoi toccare l’infinito.