Eccomi qui, dopo un periodo di assenza dovuto al blocco dello scrittore in questa fase molto delicata della mia vita, in cui non riuscivo a trovare le parole adatte, e che solo grazie alle persone che mi hanno sostenuto sono riuscito a superare. Nel mio raccontarmi vi parlai dei miei primi anni tra i banchi di scuola, ebbene dopo gli esami di quinta elementare, classe in cui avevo ormai legato con tutti, dove mi sentivo davvero di famiglia, venne convocata una riunione in cui dovevamo esprimere la nostra preferenza circa la classe che avremmo dovuto frequentare. La maggior parte di noi scelse la sezione A: una sezione tranquilla e votata alla musica. Decisi così di iscrivermi anch’io in codesta sezione, con l’approvazione dei miei genitori. A loro bastava solo che io fossi felice, e per questo rispettavano le mie scelte. Ma le insidie purtroppo erano dietro l’angolo.
Una settimana prima tutti gli allievi furono convocati dalla scuola per un provino con la professoressa di musica. All’inizio non capì bene di cosa si trattasse, ero tranquillo e pensavo fosse solo un semplice colloquio, ma in realtà non fu così. Ciascuno di noi doveva cantare e far vedere le proprie capacità canore. Non appena compresi davvero cosa mi aspettava di lì a poco mi scesero i brividi lungo la schiena e avevo la fronte tutta sudata, ma ormai era troppo tardi per sottrarmi a quella prova. Non conoscevo le canzoni, nè le note, mi limitavano ad ascoltare solo la musica, ma senza mai approfondirla veramente. In quel momento mi sentì, per la prima volta, davvero SORDO. Ad un certo punto la prof mi chiese che canzone volessi cantare, io rimasi muto e immobile per tre minuti circa, non sapevo cosa fare. Lei era nervosa, aveva poco tempo e così decise di farmi cantare “FRA’ MARTINO CAMPANARO”. Conoscevo pochissimo quella canzone, la prof. cantava e io seguivo a velocità di record mondiale il suo labiale per far vedere che la conoscevo, ma in realtà non era così. Lei aveva capito che avevo qualcosa che non andava e mi disse di andare a casa e che la scuola mi avrebbe comunicato l’esito il giorno dopo. E puntualmente arrivò, e così, insieme ai miei genitori, davanti al Preside, seppi di esser stato spostato nella sezione C, più indirizzata verso l’elettronica. Mi cadde il mondo addosso, ma ormai mancava una settimana all’inizio della scuola, non potevo fare più niente. A rincarare la dose appresi la notizia che i soldi della Regione Lombardia necessari a pagarmi l’insegnante di sostegno non sarebbero arrivati e quindi non avrei avuto neanche il sostegno necessario.
Il primo giorno di scuola fu terribile, mi sentivo veramente diverso, passavo il tempo a osservare tutti, dai compagni, ai prof, i bidelli ed i genitori; rimasi stupito nel vedere ragazzi più grandi di me, ricordo che chiesi a mamma il perché e lei mi rispose che erano stati bocciati, parola nuova per me, mai sentita. Avevano un’aria spocchiosa, atteggiamenti da bulli e tutte l’aria di voler prendere il comando della classe. E infatti fu così, già dal secondo giorno dettarono legge, ordini che noi dovevamo rispettare se volevamo stare tranquilli. A loro non importava se ero sordo o meno. Ogni giorno non vedevo l’ora dell’intervallo per rivedere i miei ex compagni, che mi sostenevano e che invidiavo perché felici nella loro classe dove si conoscevano tutti. Ma si sa, è l’età dell’adolescenza, iniziano i primi pensieri sulle diversità, i primi amori, le prime sigarette e le prime birre, cose di cui non mi interessavano affatto e fui quindi sempre più escluso ed ignorato. Rimasi solo in quella scuola, sempre in cerca di sopravvivenza, dovevo resistere alle botte, reagendo aggressivamente per mantenere un certo status, cercavo di farmi valere in educazione fisica come alle elementari, ma a loro non gliene importava niente. Scoprii perfino che la maggior parte dei professori ogni anno cambiava classe, ed era quindi difficile stabilire un vero feeling comunicativo, e sebbene i prof potevano rappresentare la salvezza in caso di difficoltà rararmente era davvero così. Questa mentalità da adolescenti si riversò anche sugli amici della mia zona, anche loro erano cambiati tutti e mi trascuravano, ma il distacco più totale fu in due casi: quando tutti comprarono il motorino, e i miei decisero di no, e questo li portò a vedermi come uno sfigato, ed anche quando feci richiesta all’oratorio estivo per diventare animatore, ricevendo un sonoro no, l’unico no di tutte le domande di partecipazione. Ma ci furono due casi molto positivi in quel periodo che mi fecero andare avanti: la mia tenacia a non mollare mai che mi spingeva ad allenarmi a calcio spesso anche da solo, o con due o tre amici che a volte incontravo al campetto. Quei momenti mi davano sollievo, sostegno e fiducia. La possibilità poi di frequentare un campeggio a 40km da casa, grazie alla roulotte di famiglia, mi permise di conoscere nuova gente. Li andavo d’accordo con tutti, mi rispettavano, mi sentivo una persona normale, alla pari; c’era un’altra mentalità, Milano è una città metropolitana. Grazie a quei week-end con i miei genitori mi ricaricavo.
Non vedevo davvero l’ora di lasciarmi alle spalle il periodo delle scuole medie, dove conobbi più sofferenze che gioie. La scuola si contraddistinse di alti e bassi, dove riuscì a cavarmela da solo fortunatamente, ma lo stesso non posso dire degli amici della zona, lì ero proprio isolato. Mi chiedevo ogni giorno: ” Sono così diverso??? La sordità fa così tanta paura???” Guardavo i miei parlare nella lingua dei segni e provavo rabbia, lì vedevo la vera diversità, la mia non lo era. Trascorsero così i primi due anni e una volta in terza media, negli ultimi mesi sopratutto, legai con un ragazzo, due anni più grande di me, anche lui vittima di bullismo, aspetto che ci legò ancora di più. Diventammo amici anche se fuori ognuno viveva la sua vita anche perché abitavamo lontano ed entrambi eravamo senza motorino. Non ci saremmo persi di vista però, ma questa è un’altra storia, che presto vi racconterò. Gli esami andarono abbastanza bene, mi tolsi un peso, festeggiai con aria libera ma anche preoccupata, perché l’ombra delle superiori si avvicinava e diventava sempre più grande…
Dori Mauro
2 risposte a “La Crescita”
Mamma mia, bellissimo, un po’ mi ci rivedo anche io, anche se sono utente. Se questo è un libro, vorrei proprio poterlo acquistare con l’autografo dell’autore. Bravissimo e grazie!
Coinvolgente e di facile lettura. Spontaneo come una fotografia scattata sul passato. Bello, molto bello e intrigante.