Il mio palcoscenico


Siamo esseri umani. Questo siamo.
Corpi e anime che si affannano alla ricerca di un senso che nel vivere di ognuno assume infinite sfumature.
Corpi che ricercano la perfezione, che non si arrendono all’incedere del tempo. Anime che aspirano alla redenzione, ad una tanto professata e agognata felicità assoluta.
Connotati che il più delle volte si riveleranno essere mera utopia. 
Ciò che è perfetto è completo, contiene tutte le parti necessarie, niente potrebbe esser migliore. Ciò che è perfetto è ineccepibile.
Ciò che è perfetto non è umano. 

Metto da parte ciò in cui credo, mi affido alla realtà, all’oggettività dei fatti e decido di cambiare radicalmente ogni prospettiva.
Torno alle origini. Il nostro Essere prende vita da un vagito.
Necessario e liberatorio, il pianto, rappresenta il primo moto di indipendenza. Veniamo al mondo abbandonando il ventre materno, pur manifestando, nell’immediatezza di quest’atto, il nostro bisogno di protezione. Quell’accudimento indispensabile a fronte di un’incapacità naturale.
Siamo impreparati alla vita, ma nel calore di quel primo abbraccio instilliamo in noi quel senso di appartenenza, intimo e ancora a noi sconosciuto, che, accompagnandoci inconsciamente per tutta la nostra vita, diverrà il fondamento del nostro essere “esseri umani”.
Un legame indissolubile, un patto di sangue, traboccante di sentimenti e carico di mistero. Un legame senza tempo, che ci permetterà di imparare ad esistere. Ciò che di innato custodiamo nel nostro essere diverrà conoscenza, dote, in altre parole ci renderà esseri capaci.
E solo esistendo impareremo a vivere. 

La vita. Quel dono che non si chiede, ma si riceve.
E vivere. Una sfida che nel passato troverà le sue radici, e nel futuro il compimento di ciò che sogniamo di essere.
In mezzo, il presente. Ciò che siamo. Tutte le nostre voglie, i nostri desideri, le nostre azioni, ed anche i nostri fallimenti, le nostre paure, a volte inconfessabili, il tentativo di ognuno di essere ogni giorno migliore. Ed ancora bilanci, obbiettivi da raggiungere, e battaglie da combattere e vincere. L’imprevedibilità degli eventi rappresenterà l’ago di una bilancia con la quale soppeseremo la nostra fragilità e la nostra voglia di osare.
L’esperienza ci consentirà di distinguere il bene dal male, e la maturità di vedere il sottile confine che a volte li accomuna, ma solo il coraggio ci darà la forza di scegliere, di trasformare in azione la nostra volontà. 
Impareremo ad essere padroni di noi stessi, ma mai della vita.
Il tacito assenso che il suo essere Dono implica porterà con se’ la consapevolezza che, per quanto ci sforzeremo, non avremo mai il potere di prevedere ciò che lei ha in serbo per noi.
Un tempo a volte inconciliabile ma che, nel suo incessante divenire, ci ricorderà essere l’unico tempo di cui possiamo disporre. 
Un tempo solo. Compagno, tiranno, inaffidabile. Impaziente, dirompente, tentatore. Ed ancora, un tempo relativo, sfuggevole, misterioso.
Un tempo a cui potresti ritrovarti a chiedere altro tempo. Che pregherai di non tradirti, di non strapparti ai tuoi sogni, di non spegnere la tua voglia di esistere. Una voglia che alimenterai con il coraggio.
Il coraggio di essere un “essere umano”.  

Venne il giorno in cui questo tempo sfuggì dalla mie mani, e il coraggio, schiacciato dalla paura, era qualcosa che non riuscivo più a percepire.
Un corpo che improvvisamente mi appariva vuoto, e un’anima piegata dalla certezza che la realtà che mi aveva strappata dalla spensieratezza dei miei anni era qualcosa che non potevo far altro che accettare. Mi sfuggiva il senso, ero incapace di far mio qualcosa che non volevo mi appartenesse.
Un grido silenzioso a rivendicare il diritto di aver indietro il mio tempo, la mia vita, come fosse qualcosa di negoziabile. Avevo perso il controllo, ero totalmente incapace di accettare qualcosa che infondo di inaccettabile ne aveva tutte le caratteristiche. Puoi arrivare ad accettare il dolore, ma è ben altra cosa accettare che quel dolore ti accompagnerà per tutta la vita.
Ma il tempo, quello stesso tempo che sembrava non bastare più, si rivelò un fedele compagno, e dandomene certezza mi permise di divenire un attenta spettatatrice. Imparai presto a fermarmi, a cambiare prospettiva, ed ad osservare il tutto, quel tutto che a volte è troppo, come fosse qualcosa che infondo non mi appartenesse.
Così ho visto la Vita scontrarsi con la Volontà. Uno scontro titanico, dove il Coraggio, affiancando la Volontà, lì dove incontrava la Paura ne raccoglieva l’essenza e, con un soffio, la trasformava in Forza, permettendo alla Volontà di manifestarsi. Vidi la Vita affiancarsi all’Imprevedibilità, ed osservai in silenzio la Volontà accettarne l’essere, senza esserne però schiacciata.
La Volontà era cresciuta, aveva compreso di non bastare più a se stessa.
La Volontà era diventata Essere. 
Capì così di dover abbandonare la platea, e sentendo forte il bisogno di compiere quel passo, mi alzai. Era giunto il momento di osare, di scegliere. Dovevo salire su quel palco, e lasciare che quelle luci si accendessero per me. Dovevo mostrarmi al mondo. Dovevo vivere il mio tempo.
Dovevo Iniziare ad Esistere. 

Ho concesso ad una Fenice di divenire lo scrigno del mio Essere.
Ho poggiato i miei sogni sulle sue Ali.
Sotto le sue piume ho nascosto le mie piccole fragilità.
Il suo volo, il mio Esistere.
Il suo mostrarsi al mondo, il mio Coraggio.
Il suo rinascere, il mio Infinito. 

 

 

 


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *