Le strade vuote, l’asfalto nudo abbracciato al silenzio, svuotato dei passi svelti che un tempo lo animavano, lo accendevano a festa. Milioni di storie che tra quei passi si intrecciavano, si mischiavano distratte, con quell’incedere frenetico. Saracinesche abbassate e porte chiuse. E dietro ognuna di quelle porte la voce come soffocata di chi li vive, un sussurare urlante di ciò che si crede essersi perso. Mura che oggi si paragonano ad una prigione. È cosa assai cara la libertà, e cosa assai sgradita sono i limiti. Assai dolorosa e terribile è la storia che la vita ha deciso di scrivere tra le pagine di un tempo che per molti era scontato, dovuto.
Ehi, dico a te. Sì, proprio a te, che fino a qualche mese fa ti guardavi bene dall’avvicinarmi perchè indossavo una mascherina. A te, che fingevi attenzione e dimostravi egoismo. Siamo uguali adesso. Entrambi esposti, io sconvolta dal tuo bisogno di rivendicare spazi e diritti e tu impaurito, esasperato dall’ignoto. Basta un attimo per riscoprirsi fragili. E in un attimo ogni certezza è crollata, rasa al suolo. Oggi ti senti vulnerabile, confuso. Hai pensato fosse un incubo, hai provato perfino a convincerti che non fosse vero. Hai lottato con tutte le tue forze per esorcizzare la paura, rincorrendo notizie ed esigendo risposte. Hai poi rivendicato il tuo diritto ad esser libero, ti sei ribellato ad un sistema imposto, ne hai sottolineato le storture, le contraddizioni. Hai provato a fare la voce grossa, non curante dei più deboli. Hai puntato il dito, arrogandoti il diritto di dire, vestendo le tue parole di cattiveria, ignoranza ed egoismo.
Sono passati i giorni e alle parole sono seguiti i limiti, i divieti. In sottofondo un grido che vuol ad ogni costo imporsi: “Andrà tutto bene!”
Tre semplici parole. Un augurio, un dire che vuole scaldare il cuore, che vuole donare speranza e cerca di infondere forza. Tre semplici parole che io con orgoglio, fierezza ma anche cocente dolore posso dire di conoscere bene. Le ho gridate, sussurrate, tenute nascoste nel cuore. Le ritrovo tra i miei pensieri e infondo ai miei respiri stanchi. Sono il dire rassicurante che rivolgo a chi amo e fedele carezza per il mio cuore ogni volta che tutto diventava piu duro e cattivo. Mantra che accompagna i miei passi e spesso i miei gesti. A volte ho visto trionfare quella tre piccole e semplici parole, altre volte le ho viste soccombere o restare perfettamente in bilico.
Torno a guardarti, a immaginarti sofferente e angustiato da quel senso di oppressione che accusi perchè privato della tua libertà.
Apparteniamo a due mondi diversi io e te, pianeti lontani, lontanissimi e opposti.
Non mortificherò il mio vivere, nè esalterò mai la mia forza, scelgo solo di raccontarti qualcosa di me. Se chiudo gli occhi rivedo una mascherina appoggiata sul mio viso, sento l’ossigeno bruciarmi il naso e i polmoni. Sento la sete e gli occhi decisi a chiudersi. Sento la stanchezza, il mio corpo bruciare e fare a pugni con nemici sconosciuti.
E ancora ricordo quel tubo giù in gola e una mano accarezzarmi la testa e dirmi piano “Andrà tutto bene, adesso dormi.” Impossibile poi dimenticare quella strana piastra attaccata alla mia gamba e il freddo di quella stanza. E ancora non dimentico l’agghiacciante sensazione di un filo guida nelle mie vene, quella sete di aria e la sensazione di affogare. Sfumature, accenni lontani mille miglia dalla terrificante improvvisa e imprevedibile stretta fortissima intorno alla gola, che mi impedisce di respirare, e che puntualmente mi ricorda di quanto in un attimo tutto può davvero finire. Firma della mia rarità, timbro che mai sbiadisce della malattia, compagna di tutta una vita. Presenza costante anche in questi giorni e che non accenna a darmi tregua. Un prezzo che pago spesso, che non fa eccezione nemmeno ora, ma che spero di pagare per sempre perchè vorrà dire che avrò vinto ancora una volta.
Riapro gli occhi, una lacrima scende e mi bagna il viso. È triste, doloroso vederti così preso da te stesso, è avvilente il tuo crogiolarti nella disperazione del non poter fare. È drammatico, è spaventoso lo so. Io lo so. E mai avrei voluto che il mondo fosse sconvolto da così tanto dolore. Sono trascorsi quarantasei giorni dall’inizio del mio vero e proprio isolamento, ma se ripenso alla mia ultima cena fuori di giorni ne sono trascorsi ben Centoquindici. Mille sono invece le unità che mi tengono salda alla vita. Di numeri e limiti si anima la mia realtà e di altri numeri si nutre il mondo oggi. Smettila di rincorrerli, smettila di correre, di trasformare le tue parole in un fiume in piena. Fermati! Dietro quei numeri ci sono quelle stesse storie che si mischiavano alla frenesia dei tuoi passi. Alcune si sono spente su quello stesso asfalto su cui tu facevi sfrecciare i tuoi sogni.
Fermati, ti prego. Fermati e resta a casa perchè la tua libertà non è in pericolo, la mia invece è stata minata per sempre. E se anche i nostri mondi non si apparteranno mai davvero io spero che un Domani tu inizierai davvero a guardarmi con occhi nuovi e chissà, forse, ci riscopriremo Simili nel nostro essere Esseri Umani.