Una manciata di minuti. Non parlo di quarti e ore, solo minuti.
La vita di un malato. Un malato raro.
C’era una carta di identità su quel tavolo. C’erano fogli sparsi e occhi che frugavano approssimativamente i particolari, non tutti, solo la parte arbitrariamente scelta.
Era mio quel documento di riconoscimento. C’ero io su quel tavolo, sparsa in mille pezzi. Nero su bianco, in duplice copia. Ognuno di quei fogli mi appartiene. La vita che è stata giudicata è la mia.
Era mio quel documento di riconoscimento. C’ero io su quel tavolo, sparsa in mille pezzi. Nero su bianco, in duplice copia. Ognuno di quei fogli mi appartiene. La vita che è stata giudicata è la mia.
Una manciata di minuti.
La mia vita rara.
La mia rarità si è presa il mio corpo, lo trasforma. Distrugge le mie vene e intacca le mie arterie.
Si legge. Iniziale interessamento cerebrovascolare, con conclamata ateromasia dei tronchi sovra aortici.
Si legge. Iniziale interessamento cerebrovascolare, con conclamata ateromasia dei tronchi sovra aortici.
E’ ovunque Lei! Perfino i lembi delle mie valvole cardiache si sono inginocchiati al suo cospetto. Lentamente si è insinuata in ogni organo, in ogni tessuto. È nel mio stomaco, nel mio intestino, nei miei reni. Non ha risparmiato le mie ossa, i miei muscoli, tendini, legamenti e nervi. Gioca una partita sporca con il mio sistema nervoso autonomo, attenta al mio equilibrio e spegne gli interrutori della mia cascata coagulativa. Impoverisce le mie riserve, gioca al ribasso con i miei valori. Non è mai stanca, la sua scia distruttiva è implacabile. Il suo potere inesauribile.
Vizia la realtà, corrompe le menti e insinua dubbi. Ha trasformato l’ideale di una vita ordinaria in una realtà straordinaria, un universo di dolore e lotte intestine.
Fuori un mondo che di questo cosmo sembra solo volersi sbarazzare, proprio in una manciata di minuti.
Sorrido. In ognuno di quei minuti non riuscivo a smettere di pensare che proprio quel tempo così piccolo basterebbe a cancellare in un solo colpo tutta la mia vita, a strapparmi da essa.
Come spiegare a chi non l’ha mai provata la sensazione di una morsa stretta intorno alla gola o quanto un edema addominale può diventare vasto, violento e doloroso? Come riuscire a trovare le parole davanti a chi arriva a surclassarti di offensivi e vergognosi perchè?
Interrogativi che mi hanno confermato quanta strada deve esser ancora fatta affinchè un malato raro possa veder riconosciuto il suo diritto di esistere.
Mi sono data il permesso di pronunciare poche parole, risposte secche, dirette. Ho respirato forte e ho mostrato loro due fotografie. In mezzo a quei fogli sembravano essersi perse ma per un attimo in quella distesa di pochezza e pressapochismo credo che abbiamo se non sconvolto ma quanto meno cristallizzato tutto il dolore in un attimo reale, tangibile, possibile.
Mi sono data il permesso di pronunciare poche parole, risposte secche, dirette. Ho respirato forte e ho mostrato loro due fotografie. In mezzo a quei fogli sembravano essersi perse ma per un attimo in quella distesa di pochezza e pressapochismo credo che abbiamo se non sconvolto ma quanto meno cristallizzato tutto il dolore in un attimo reale, tangibile, possibile.
Un malato raro deve dare prova di ciò che vive, deve dimostrarlo, oltre ogni dubbio. Un malato raro spesso non viene creduto, e si trova costretto a dover trovare la forza di scattare fotografie. Fotografie capaci di distruggere l’anima di chi è fragile, che rappresentano ciò che mai vorresti ti appartenesse, ma che è tuo. È la parte di te diversa, malata. Fotografie che io oggi mostro con dignità, delusa da un sistema impreparato.
C’è stato un tempo in cui il solo pensare di essere un caso oltre limiti e logiche mi appariva troppo. Non troppo da sopportare, troppo come fosse un’esagerazione. Non può appartenere ad una sola persona un simile quadro clinico. Eppure quel troppo appartiene proprio a me. E non starò qui a dire quanto sia doloroso, ingiusto. Non ho mai permesso al mio essere di divenire scudo di un vittimismo che non mi appartiene. Non abbasso la testa nè muovo i miei passi crogiolandomi nel dolore. Ho imparato a lottare ancora prima di dare un nome alle mie malattie. In quel caos nebuloso e incerto sapevo di dovermi difendere da qualcosa di terribile, di spaventoso. Senza mai tirarmi indietro ho accettato ciò che la vita ha scritto per me. Ho perso e sono caduta milioni di volte, e altrettante mi sono rialzata. Pronta a ricominciare a lottare. Più e più volte una manciata di minuti hanno rappresentato il passo dalla fine. Oggi quella stessa manciata di minuti ha rappresentato lo schiaffio in pieno volto che un malato raro non merita. Una sequela infinita di perchè che non mi darò il permesso di ripetere, una disattenzione e un’imperizia svilenti. L’assenza totale di una coscienza.
Una manciata di minuti. La mia vita rara.
Il sistema esige risposte. Un malato raro deve rispondere.
PERCHÈ?