Chiedo scusa ai miei lettori, ci sono voluti quasi due anni per ritrovare la voglia e il coraggio di continuare a raccontare la mia vita. Questo episodio lo dedico a chi crede veramente in me e mi ha stimolato a farlo.
Dopo l’incubo delle medie, eccone un altro più grande: le scuole superiori.
Come vi dissi nell’episodio precedente, feci amicizia con un compagno che si iscrisse, per i futuri anni di liceo, in una scuola che lo avrebbe qualificato come operatore sala bar. A me non interessava molto un particolare indirizzo, bastava che ci fosse lui, tanto mi sarebbe stato vicino e mi avrebbe aiutato.
Passò così l’estate ed una settimana prima dell’inizio della scuola ricevetti una lettera dal preside, in cui convocò i miei genitori e li convinse che non ero adatto a quella scuola perchè la comunicazione con gli studenti era la parte più importante del giorno. Per me fu una delusione tremenda che mi costrinse in pochi giorni a cercare una scuola che avesse un posto per me. La trovai, era l’Ipsia con indirizzo perito elettronico. Non mi piaceva assolutamente ma non potevo rimanere fermo, ma anche quel primo giorno un equivico la fece da padrone. L’open day dei periti meccanici era il primo giorno, gli elettronici al secondo. Io mi presentai il primo giorno ed il bidello mi inserì in una classe. Non capivo molto anche perchè ero deluso e distratto, ma nessuno mi aiutava veramente, nemmeno i professori e rimasi lì a scaldare la sedia fino alla fine della giornata. Mi presentai il giorno dopo e scoprii che avevo una classe e da li il mio umore migliorò leggermente.
Mi rirovai in una classe di ragazzi molto più grandi di me, tanti avevano ripetuto l’anno scolastico. Eravamo tutti maschi. Lo scoglio per me più grande venne a crearsi per l’impossibilità di creare un rapporto con il corpo docenti. I professori delle superiori ogni anno cambiavano, quindi non era più come alle medie e alle elementari dove ti seguivano fino alla fine conoscendoti piano piano e ciò significava che ogni volta dovevo tentare di trovare un feedback col docente, tentativo pressochè impossibile data le numerosi classi con le quali essi dovevano rapportarsi. Mi preoccupai veramente, ma decisi di non demordere.
In quell’epoca ero molto arrabbiato con i miei genitori, non accettavo la mia sordità, non mi sentivo né carne né pesce, e spesso venivo bullizzato in classe a causa del mio handicap uditivo. Io non avevo paura di loro, avevo paura della mia reazione esagerata e delle conseguenze che potevano esserci, quindi ingoiavo e cercavo di resistere finché un giorno decisi di cambiare caratterialmente, per farmi accettare dagli altri, era un patto col diavolo quello che feci, non essere più me stesso.
Come dissi negli altri episodi ero bravo a calcio e partii da li, presi a inventare bugie, tipo da fighetto, con le ragazze fino a rendendomi protagonista di risse. Quando mi mettevano alla prova avevo una tale fortuna che me la cavavo sempre, e di conseguenza questo mi portava spesso ad atteggiamenti da bullo. In quell’anno presi parecchi richiami e provvedimenti disciplinari e nonostante andassi abbastanza bene a scuola mi bocciarono per la mia condotta.
Alcuni miei compagni con rendimenti peggiori vennero promossi ed io iniziai a deprimermi. I miei mi mandarono in una lunga vacanza per distogliermi da questi pensieri negativi, loro mi conoscevano bene sapevano cosa era giusto per me, non meritavo una punizione.
Decisi di rimanere in quella scuola, fortunatamente trovai una classe buona dove c’era collaborazione nei miei confronti, la guerra era con i professori, che non si sforzavano di capire la mia condizione nè se interessavano. Mi davano voti esageratamente bassi, senza riconoscere il mio impegno. Per me lo sforzo era triplo e desideravo che i miei sacrifici venissero quanto meno riconosciuti, ma nulla. Non facevo più il bullo ma continuavo ad inventare bugie per farmi apprezzare, e ammetto che mi capitò ancora di fare a botte con chi definiva i miei genitori “ i sordomuti che parlano con le mani come le scimmie”. Le cose continuarono così fino alla quinta superiore.
La quinta superiore rappresentò per me una svolta epocale. Un’autentica metamorfosi in cui attraversai una prima parte buia e una seconda luminosa.
Il mio corpo e la mia mente continuarono a mandarmi dei messaggi, anche se non riuscivo a decifrarli. Sentivo di non riuscire più a fare finta di essere un’altra persona, volevo essere me stesso, riconoscere la mia sordità.
Era l’anno della maturità, della patente, del diventare maggiorenne. Per me era difficile seguire tutto labialmente, il mio cervello andò in fumo, come in un cortocircuito, venni bocciato due volte all’esame di teoria della patente. A scuola andavo male, stavo per abbandonare la mia lotta per essere integrato e incluso, ma fortunatamente con l’aiuto di una ragazza iniziai a prendere ripetizioni. Lei mi aiutò sia psicologicamente che in termini di studio, era riuscita a trovare il metodo adatto a me per farmi capire tutto e tornare la voglia di studiare e di lottare, e in più avevo il supporto dei miei genitori. Rischiai di brutto di non arrivare agli esami di maturità, ma questa ragazza un giorno a mia insaputa andò a scuola per lanciare a tutti loro una scommessa: “MAURO E’ IN GAMBA, E SUPERERA’ GLI ESAMI ALLA GRANDE”. Lottò con tutta se stessa per farmi dare un’oppurtunità. I professori accettarono, pur essendo convinti che non ce l’avrei mai fatta, idea condivisa anche dai miei compagni.
Sempre nello stesso periodo grazie a mio padre, conobbi ragazzi sordi come me, che prima rinnegavo, sviluppai la lingua dei segni, dico sviluppai e non imparai perchè in casa si è sempre usata la lis come lingua principale, ma la usavo ai minimi termini. Da quel momento la mia autostima cambiò drasticamente, mi sentivo forte, accettato, iniziavo ad essere cercato, compreso, aiutato.
Tutto girava bene, ERO PRONTO E DETERMINATO.
Superai alla grande gli esami di maturità sotto l’incredulità dei docenti e compagni, e dopo aver letto della mia promozione mi lanciai in un grandissimo VAFFA…. Liberatorio, pieno di soddisfazione, di rivincita. Pochi mesi dopo presi anche la patente, ormai fiero e sicuro di me stesso.. ..
To be continued..
Mauro Dori.