“Chi non ha mai provato la privazione che deriva dal non poter fare non potrà mai comprendere ciò che spinge chi non può a fare.”
Sono trascorsi tre anni da quando scrissi queste parole. Stavo lottando con tutte le mie forze per curare il mio animo da una fortissima delusione. Volevo dimenticare ad ogni costo quel dolore che mi era stato inferto con spaventosa cattiveria e non senza fatica e altrettanto dolore posso dire di esserci riuscita. Di quel periodo restano immagini sbiadite, resta la consapevolezza di aver pagato un prezzo che non mi spettava. Ed ancora, la certezza di esser stata migliore di chi dell’esser migliore ha fatto il suo specchietto per allodole. Ho dimenticato il dolore, ma mai dimenticherò ciò che ho imparato. E torno quindi a quelle parole e ad un non troppo velato giudizio che a volte segue allo sguardo di chi pensa di sapere tutto di me. Occhi che mi si posano addosso peggio di mosche, che mi osservano, che seguono i miei gesti, e che poi parlano. Con quello spocchioso atteggiamento di chi sembra saper tutto dalla vita, con quella prepotente cattivaria di credersi migliore. Ebbene, parlate. Guardatemi. Fissatemi per tutto il tempo che vorrete. Non è superiorità la mia, non è saccenza, è amore. Ed è l’amore per me stessa a proteggermi. È l’orgoglio che provo quando vedo le mie mani tremare ma continuare a fare, quando a piccoli passi mi destreggio in percorsi non facili, quando non permetto al dolore di relegarmi in un angolo. Oggi posso dire di essermi salvata da sola. Nessun principe azzurro, nessun abbraccio a rimetter a posto i pezzi. Sono io ad aver dato a me stessa tutto ciò di cui avevo bisogno per guarire. Ho riempito vuoti, lasciato spazio alle paure, ho ascoltato il silenzio, ho ingoiato lacrime e poi semplicemente ho scelto me stessa. Solo dopo ho preso a riempire la mia vita di piccole cose, solo dopo ho cercato affetto, solo dopo ho sentito dentro la certezza di poter ricominciare. Ero guarita, ero rinata, ero libera. Nessuno potrà mai comprendere cosa mi spinga ad andare oltre i miei stessi limiti, nessuno potrà mai capire quanto forte sia la mia voglia di non arrendermi. Nessuno. In pochi possono dire di sapere quanto il dolore sia capace di trasformarti in altro. In pochi conosco davvero il buio, quello che non ti lascia scampo, quello che ti imprigiona, quello che ti fa sentire sola. Non starò qui a far leva sul mio dolore, non dirò quanto sia difficile vivere la mia vita. Non ho conosciuto solo il dolore della malattia, posso dire di aver conosciuto anche il dolore di perdite incolmabili, quello della privazione, della violenza, della mancanza. Non parlarne non significa volerlo nascondere o rinnegarlo, ma dargli semplicemente la protezione che merita. Non ho bisogno di sbandierare ai quattro venti quanto la vita può diventar ingiusta, chi mi conosce sa cosa c’è dietro a quel mio sguardo a volte duro, chi mi conosce sa perchè spesso non mi do il permesso di piangere e allo stesso modo sa perchè a quelle stesse lacrime a volte mi arrendo. Chi mi conosce non ha bisogno delle mie parole, chi mi conosce mi sente anche quando resto in silenzio. Oggi so di non aver tempo di curarmi di chi mi giudica, non ho tempo per le chiacchere, non ho tempo per chi prova a sfidarmi per vedere quanto io sia in grado di sopportare, o se sia disposta ad accettare parole vuote. Non ho tempo per perder tempo. Io con il tempo gioco una partita priva di schemi, senza ritmo. Io con la vita improvviso ogni giorno una danza che non avrà mai una coreografia. Ma gioco, e ballo. Io Vivo. Vivo fuori dagli schemi, vivo fuori tempo, vivo al di là dei logici sistemi. E continuarò a vivere, a fare, ad inventarmi un altro modo. A chi punta il dito oggi dico solo: “Vuoi parlare di me, allora siediti e parla..con me!