“Odio cadere, e tu lo sai!” Una piccola ammissione, dietro un dolore cocente e ingiusto. Parole difficili da pronunciare, parole che scuotono l’anima fin nel profondo. È successo, il castello di carte è crollato, raso al suolo in un solo secondo. Ed in quel secondo ho capito che oppormi mi avrebbe davvero distrutta, così ho mollato la presa e quelle parole le ho dette, anzi le ho scritte. Le ho affidate ad un Amico, un uomo che con passi silenziosi e attenti segue i miei passi, a volte stanchi e instabili. Ho lasciato a me stessa il diritto di prendermi un momento senza respingere nulla, senza sentirmi sbagliata. Ho sentito le lacrime pungermi gli occhi, ma non appena la gola si è stretta in un nodo ho lasciato che ogni singhiozzo diventasse pianto. Non ho nascosto nulla, ho scelto di cadere, ma di non farlo da sola. E altre parole mi sono state donate, da una donna, giovane e forte, che lontana ma vicinissima al cuore, mi ha convinta che nulla di sbagliato si nascondeva dietro la mia fragilità. E così, grazie al Bene, a quell’esserci che va oltre le parole, che comprende senza il bisogno di dire, grazie a chi ha scelto di esserci con disarmante ed incantevole semplicità ho trovato il coraggio di lasciare che la rabbia, il dolore, l’impotenza si prendessero tutto lo spazio, senza prendersi anche me. La malattia non chiede e non offre. La malattia arriva a prendersi ciò che vuole, sempre. Io lo so bene, ma un giorno giurai a me stessa che mai avrebbe avuto la mia anima. Con il tempo ho dovuto imparare a proteggerla, a proteggermi. Ho dovuto farlo, come fosse il peggiore degli obblighi. A volte devi e puoi solo mollare la presa. Ed io l’ho fatto. Non ho contrastato il dolore, e nel buttare in aria i miei vestiti ho lasciato che tutta la rabbia diventasse gesti, respiri e lacrime. Vestiti che appena un’ora prima avevo scelto con cura, che desideravo indossare nonostante spesso rappresentano una seconda scelta. Ma rinunciare stanca, ti annienta. Lotti, ti imponi di essere forte, ma ciò nonostante se la malattia vuole ti impone costrizioni e rinunce. Dopo giornate convulse, dopo le ennesime brutte notizie volevo solo una tregua, senza dover lottare, senza prezzi da pagare. E per un momento ho creduto davvero di non dover fare i conti con un dolore fisico che troppo spesso maschero, con quei sintomi tanto invalidanti da costringerti a letto. È una costrizione che non tollero, che mi innervosisce e a volte mi ferisce profondamente, ma per quanto a tratti odio questa mia fragilità, i singhiozzi ed i miei occhi che si fan scuri e profondi è in questi momenti che imparo ad amarmi di più. Ho imparato ad abbracciare il dolore, la paura. Cullo le mie insicurezze, le lascio scivolare via e le raccolgo lacrima dopo lacrima. Non c’è rinuncia che puoi accettare se non accetti il vuoto che lascia, se non senti la rabbia, se non ti senti persa. Ma lasciarsi cadere è difficile e spaventoso. Il dolore è tentatore, sembra volerti tenere tutto per se, senza lasciarti una via d’uscita ma è solo lasciandogli il posto che sembra rivendicare suo di diritto che capisci di doverti ribellare. La mia è una ribellione che custodisce in se’ una volontà che solo con il tempo ho imparato a temprare, a nutrire di piccole certezze. Ho attraversato tante volte il buio, ne conosco gli anfratti, le insidie. Conosco il freddo, la sensazione di smarrimento che senti pervaderti. Non temo più il buio, ma ho capito che per farcela, per vincere il dolore non bisogna nasconderlo e nascondersi, anche se mostrarsi significa mostrare le proprie fragilità, anche quando il tuo viso quel dolore non riesce più a nasconderlo e ti senti vulnerabile, esposta. Non c’è nulla di sbagliato o vergognoso in una lacrima, nel dire sono stanca, nel riconoscere quanto sia ingiusto e immeritato dover lottare così strenuamente per quella che tutti chiamano normalità. La vita mi ha imposto una lotta impari che oggi so di poter affrontare anche grazie a chi ogni giorno ha scelto di starmi accanto, anche grazie a chi attraverso una schermo e a volte senza nemmeno conoscermi mi regala forza e coraggio. Siete ancore in questo mio mare in tempesta. Non smetterò di lottare, e mai rinuncerò a questo mio straordinario volo, anche quando perdendo quota rischierò di toccare terra. In un modo o nell’altro, tornarò sempre a volare.