Caro Dottore


Caro dottore.
Sono una paziente.
Un malata.
Una cronica.
Saremo compagni di vita io e lei lo sa?
Compagni non per scelta, ma per obbligo.
Come la scuola. Ha presente?
Un vincolo.
E lei caro dottore, avrà un ruolo importante per il mio benessere in una vita dove di benessere avrò ben poco.
Sono scomoda lo so. Troppi sintomi, troppe visite, certificati, incontri, pretese, domande.
Aspettative.
Che rottura.
In fondo, cosa dovrei pretendere da lei, un medico che mi sappia anche ascoltare senza farmi sentire una spina nel fianco ? Troppo vero?
Sa caro dottore,
Io non mi diverto tanto a farle visita così spesso.
Non come pensa lei forse.
Non colleziono impegnative.
Come se non avessi altro da fare.
Magari mi colloca tra i posti occupati da quei simpatici anziani che non sapendo sempre cosa fare, passano il tempo nel suo ambulatorio in cerca di un pò di compagnia.
Sa caro medico,
Io in realtà ho un sacco di cose belle da fare e tra queste non c’è nè la sua bella faccia, nè gli ambulatori nè tanto meno gli ospedali, le visite, le telefonate al CUP.
Sa, a volte cado a pezzi, altre, mi fanno a pezzi, quando devono ricucire, aggiustare esaminare questo corpo capriccioso.
I sintomi che peggiorano caro dottore, non sono richieste di attenzioni mancate, magari di quando ero bambina. Non sono una valida scusa per esentarmi dal lavoro o per giocare a forbice/ carta / certificato di MALATTIA . BIM BUM BAM!
No.
Sono bombe che esplodono buttate alla cazzo e che non so mai dove colpiranno il giorno dopo. Sono sotto ad un mirino caro dottore e la malattia è un cecchino bastardo che colpisce alle spalle.
Vivo in una battaglia navale caro dottore.
C7, colpita e affondata!
E non sono un calciatore.
Non sto giocando. So come si fa. Lo faccio ogni tanto quando la malattia si dimentica per un attimo di me. Provo a colpirla ma lei, diventa sempre più forte. 

Ho paura a volte sa caro dottore. Ma non lo dico a nessuno. Perché non mi sopporto nemmeno io quando crollo.
Lo vede caro dottore? Questo faldone da tre chili?
No, non avevo soldi da buttare via.
Ci sarei andata volentieri in vacanza per anni.
Queste sono le carte che parlano di me, per me. Anzi… delle stronze patologiche di cui sono affetta. Quelle cose che richiedono tanto tempo, troppo tempo per capire.
Probabile aumenteranno e non saranno più solo tre chili di carta ma cento chili di dolore, di frustrazione, di rabbia, speranza , illusione e forse a volte… di resa. Quando non avrò più la forza di accettare ed andare avanti. Quando tutto sembrerà inutile. Alterno talmente tanti sentimenti che comincio a dubitare anche della mia salute psichica.
No. Non sono pazza. Come pensavate tanto tenpo fa.
Sono solo stanca.
Ma le persone come lei stancano più della malattia a volte, perché richiede più energia farsi ascoltare senza sentirsi i mendicanti di turno che la convivenza con i miei mille problemi.
Io non sto mendicando. Ho il diritto di stare un pò meglio. Per quello che si possa fare ovvio. E lo VOGLIO caro dottore perché qui dentro ci sono io e si sta parecchio scomodi mi creda.
Caro dottore, questo faldone non è un premio ma un bollettino di guerra.
Non è un capriccio ma UNA CONDANNA alla quale non esiste ne una condizionale ne tanto meno un patteggiamento. .
È un ergastolo caro dottore.
Non esiste buona uscita per buona condotta.
È un arresto domiciliare.
Ma non mi lamento. Anche se da questa lettera sembrerebbe il contrario.
Solo che vivo in un mondo che predilige i furbi mentre da quando sono malata, non ha mai conosciuto più cattiveria, indifferenza e giudizio di ora.
Forse sono paranoica o prevenuta.
Ma spesso mi ritrovo a dovermi giustificare per la mia condizione. Come se dovessi chiedere scusa.
Ma a me… scusa, chi lo chiederà mai?
Per i lavori perduti. Per le lacrime sotto la doccia quando cominciavo a credere di voler essere malata come dicevate voi dottori sordi al mio bisogno di aiuto.
Chi mi chiederà scusa per ogni volta che mi hanno dato della pazza ipocondriaca.
Dell’opportunista.
Della vittima in cerca di pena o compassione, quando in realtà sto lottando con i denti per non arrendermi.
Cercando di sembrare più sana possibile aggiudicandomi così anche il primo premio di falsa dell’ anno.
Di chi esagera il proprio malessere.
Di voler fare il medico sapientino quando provo solo a capire cosa mi sta succedendo spiegando cosa imparo dal mio corpo.
Non sono maestra. Sono solo malata.
In questo gioco, l’orgoglio porta feriti.
E quei feriti siamo sempre noi.
Colpiti due volte. Sfigati sotto assedio.
Non chiederò scusa più a nessuno per quella che sono.
Per essere malata.

Non l’ho chiesto.
Non l’ho chiesto!
Non lo volevo.
Non lo volevo!
Mi è capitato.
Forse, è destino o solo sfiga chissà.
Però caro dottore, se non può darmi soluzioni per venire a galla, almeno non mi dia motivi per sprofondare.
So nuotare. Ma la corrente mi porta sempre fino a lei in un modo o nell’altro e se lei non può essere una piccola ancora di salvezza allora sarò costretta ad arenarni in un porto.
Ma io… Non voglio stare ferma.
Quello spetta a chi sta bene e non sa quale fortuna sia essere sani.
Io fingo di esserlo, a volte ci credo quasi.
Io voglio muovermi a costo di sembrare una che la racconta.
Tanto questo siamo per tanti.
Però lei
Caro dottore,
Conosce la mia storia.
E non mi diverto quando devo mendicare la sua attenzione.
Ho solo lei. Come faccio.
Quale alternativa ho?
Essere un malato grave non è necessariamente essere in fin di vita.
Perché tanti di noi sono in fin di morte ogni giorno da vivi.
So come passare il tempo caro dottore ma lo sa anche la malattia purtroppo.
Non mi piango mica addosso.
Io.
Voglio pensare ad altro.
Ma se qualcuno pensa a me.
È più facile.”     

 Elena Montani


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